27 Luglio 2024
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taranto che cozza

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Taranto che cozza fai ? | Nei mercatini di Bari ispirazioni tarantine

Taranto che cozza fai ? Succede che, mentre Taranto, sempre più mortificata, si chiede impotente il perché di tanto accanimento industriale sulla città, debba pure cozza(re) contro il fatto che venga sfruttata nei pochi punti di forza che dovrebbero invece rappresentare il mezzo e l’occasione di rilancio. E’ dunque lecito chiedersi: Taranto che cozza fai ? Ci spieghiamo …

Ai mercatini di Natale di Bari

Nel weekend appena trascorso, ci siamo recati ai mercatini di Natale di Bari e tra le varie bancarelle di prodotti anche interessanti, abbiamo trovato una bancarella che, tra le varie belle realizzazioni, mostrava anche ciò che vedete in foto. Calamite sotto forma di gusci di cozze decorate a mano e indicanti la scritta “Bari”. Domanda: ma la cozza per eccellenza (riconosciuta tale, da sempre, non solo dai tarantini ma soprattutto dai forestieri) non è quella tarantina? Taranto non è capace nemmeno di esaltare e promuovere i propri prodotti (uno di questi è proprio la cozza tarantina) mentre qualcun altro lo fa al posto suo traendo anche dei benefici economici. Come se a Taranto si vedesse una bancarella con un polpo o un riccio di mare con la scritta “Taranto”. Ai baresi, ai quali non diamo nessuna colpa, molto più gelosi della propria storia e dei propri prodotti, ciò non accadrebbe mai.

cozza tarantina
Le buonissime cozze tarantine

Stato o “non Stato”.. “Essere” o “non essere”: questo è il problema (di Taranto)

Che Taranto continui a essere maltrattata dallo Stato è vero, è ormai un dato di fatto. Vedasi il nono decreto “salva-nulla” di alcuni giorni fa che da Roma hanno “studiato” ancora una volta per l’acciaio (?) nel vano tentativo di salvare l’Ilva ormai trasformatasi in catorcio di acciaio e di illusioni (e di morte). Che la “Città dei due mari” continui a non volersi bene è ancora di più un dato di fatto. Taranto prosegue infatti (come “da tradizione”) a non (voler!) sfruttare e nemmeno salvaguardare neanche i tesori e i prodotti naturali del proprio territorio. «Certo – dirà qualcuno –  ma se ci hanno piazzato un’industria che, con l’illusione di dare lavoro e benessere, ha deturpato negli anni l’aria, il mare e tutte le bellezze della nostra città». Tuttavia è anche vero che se tutto ciò è accaduto, la colpa non è solo dello Stato, ma anche degli stessi tarantini, che oltre cinquant’anni fa, quando l’Italsider si insediò a Taranto, nessuno mosse alcuna critica o un minimo dubbio sui reali “pro e contro” che questo enorme insediamento industriale avrebbe portato in prospettiva alla città. Probabilmente interessi e profitti erano più grandi della voglia di capire.

Oggi la musica non è cambiata tanto perché a Taranto la contraddizione regna sovrana: pochi denunciano, molti si limitano solo a lamentarsi e qualcuno cerca invece di mascherare i devastanti effetti ambientali ed economici della produzione industriale su Taranto trasformandoli in danni meno gravi rispetto ad altre città del centro nord Italia dove, secondo costoro, lo smog causa molti più danni a livello sanitario e ambientale di quelli provocati a Taranto dall’Ilva. Morale della “favola”: a Taranto (da dentro la città e da fuori) c’è ancora chi rema contro la città stessa… e c’è chi non rema proprio e gli effetti, tra i tanti devastanti, poi si vedono (rif. COZZA).

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